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      Dopo aver saccheggiati gli Abruzzi, la grande compagnia si avanzò verso la Puglia. La città di Guasto capitolò, e gli aprì le porte, ma gli assassini, condotti dal conte Lando, non rispettavano troppo i loro giuramenti; la città fu abbandonata al sacco, ed uccisi barbaramente gli abitanti362. Tutte le altre città della Puglia, atterrite da quest'esempio, ripararono le loro mura, e risolsero di difendersi fino all'ultima estremità; ma non pertanto trovaronsi ridotte alle sole forze dei proprj abitanti, perchè il re non mandò loro verun soccorso. Invece di levar truppe nel suo regno, si limitò a mandare in Toscana il suo gran siniscalco, Nicola Acciajuoli, per domandare l'assistenza de' suoi alleati, mentre egli continuava a darsi buon tempo colle feste, senza mostrar di curarsi degli avanzamenti della grande compagnia, nè della ruina de' suoi sudditi363.
      Poi ch'ebbe guastata la Puglia, il conte Lando condusse la gran compagnia nella Terra di Lavoro364, e spinse le incursioni fino alle porte di Napoli. Affinchè niuna cosa si sottraesse alle diligenze della compagnia, divise l'armata in due corpi, che battevano tutto il paese. In verun luogo incontrava resistenza, onde i suoi cavalieri spesse volte uscivano senz'armi; si stabilivano nelle ville de' signori napoletani, cacciavano, e si davano feste a vicenda, obbligando i loro domestici a prendere a viva forza nelle case de' contadini tutto quanto poteva loro abbisognare365.
      Finalmente il gran siniscalco arrivò dalla Toscana con mille barbute, che così allora chiamavasi un cavaliere seguito da un sergente, montato anch'esso a cavallo.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo VI
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1818 pagine 301

   





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