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      Mentre i primi, per istabilire il loro dominio sul mare Adriatico, avevano quasi affatto distrutto il commercio e la navigazione dei Dalmatini, i secondi avrebbero potuto arricchire i loro porti destinati dalla natura a servire di mercato alle fertili campagne dell'Ungheria. Di già sette volte, stando agli storici ungari390, la città di Zara erasi ribellata per darsi alla corona d'Ungheria; e, sebbene i predecessori di Luigi non fossero mai stati pacifici possessori di questa città o delle altre piazze marittime della Dalmazia e della Croazia, Luigi risguardava tutte queste fortezze come dipendenze della sua corona. Perciò le richiese ai Veneziani, ed ostinatamente rifiutò di transigere intorno a questi pretesi diritti, rigettando come oltraggiosa la proposta della signoria, che voleva calmarlo coll'offerta di un tributo, o di una somma di danaro. Dopo avere rimandati bruscamente Marco Cornaro e Marin Grimani, ambasciatori della repubblica, si apparecchiò ad attaccare simultaneamente da una banda Zara, Spalatro, Traù e Nona in Dalmazia, dall'altra Treviso, la sola città che Venezia possedesse di que' tempi nel continente d'Italia391.
      Luigi d'Ungheria aveva ordinato ai suoi baroni di adunarsi a Sagabria, sui confini della Schiavonia, e vi si recò egli medesimo nel mese di maggio. Ben tosto ebbe intorno tanta cavalleria, che l'intera Lombardia cominciò a considerare atterrita l'invasione ond'era minacciata392.
      Gl'Italiani, che nelle loro più importanti guerre radunavano rare volte più di tre mila corazzieri, potevano a stento figurarsi l'esistenza di un'armata di quaranta o cinquanta mila cavalli, quale era quella che il re d'Ungheria mise più volte in campagna.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo VI
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1818 pagine 301

   





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