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      Carlo gli concesse di recarsi all'armata della lega, a condizione di non fare uso del suo nome, e di non ispiegarvi la rappresentanza imperiale, se non quando l'armata degli alleati sarebbe abbastanza forte per assicurare la vittoria427. Il vescovo d'Augusta ch'era coraggiosissimo e cercava qualche occasione per farsi più nome, passò subito all'armata, di già ingrossata dall'unione della grande compagnia; vi fece spiegare lo stendardo imperiale, e, nella sua qualità di vicario dell'impero, citò i due fratelli Visconti al suo tribunale, accusandoli di ribellione contro il sovrano, di tirannide, di tradimento428.
      I Visconti rigettarono con disprezzo tale intima; risposero ne' loro manifesti che, essendo essi medesimi vicarj perpetui dell'impero, intendevano d'assoggettare l'arcivescovo a pena capitale per essersi posto alla testa di una banda di assassiini429; ma gli effetti non corrisposero alle loro minacce. Mentre il vescovo d'Augusta, dopo essere passato in faccia a Parma, il 10 ottobre, senza trovare resistenza, stava disegnando il suo campo in distanza di cinque miglia da Piacenza, l'armata de' Visconti, composta di quattro mila cavalli tedeschi e brabantesi, ricusava di uscire dalla città, sotto pretesto che i soldati dell'impero non potevano portare le armi contro lo stendardo dell'imperatore, loro signore. Fatto è ch'essi non volevano combattere contro la compagnia, perchè tutti i soldati stranieri, che allora servivano in Italia, erano associati ai di lei profitti e da lei pagati, e volevano sempre avere aperto un rifugio nelle sue file quando venissero licenziati altrove.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo VI
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1818 pagine 301

   





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