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      Tra i grandi avvenimenti cui Lodrisio aveva presa parte, il suo carattere era equivoco, ma non era dubbioso il di lui valore, e verun italiano aveva saputo meglio di lui conciliarsi l'affetto ed il rispetto de' soldati tedeschi.
      Tosto che questo vecchio generale si pose alla testa dell'armata, i mercenarj non osarono disubbidirgli; promisero di seguirlo ovunque volesse condurli, e di combattere contro la grande compagnia, sebbene portasse le insegne imperiali. Altronde aveva Lodrisio seco condotto un rinforzo di tre mila cavalli italiani, in tempo che l'armata nemica trovavasi indebolita per l'assenza del marchese di Monferrato, di Azzo da Correggio, e di mille duecento cavalli che questi avevano seco condotti. Il vescovo d'Augusta per tenersi in sicuro da ogni sorpresa, aveva cominciato il 13 novembre a portare l'armata al di là del Ticino, quando fu bruscamente attaccato da Lodrisio e posto in fuga, malgrado la più vigorosa resistenza. Egli stesso cadde nelle mani di Lodrisio con seicento de' suoi orazzieri. I vincitori avevano fatti prigionieri moltissimi altri cavalieri, e tra questi quasi tutti i capi della compagnia, il conte Lando, messer Dondaccio di Parma e Ramondino Lupo; ma coloro che gli avevano fatti prigionieri erano tedeschi, tutti segretamente associati alla compagnia, onde li sottrassero ai loro generali, ed in appresso trovarono il modo di farli fuggire433.
      La gioja che questa vittoria dovette cagionare ai Visconti venne scemata dalla notizia che ricevettero poco dopo della rivoluzione di una delle più importanti città del loro dominio.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo VI
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1818 pagine 301

   





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