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      Il conte Lando lo aveva abbandonato per passare con mille cinquecento corazzieri nel campo de' Visconti, e poco poco gli aveva sviato tutto il rimanente della compagnia, che dopo la sua diserzione ubbidiva ad Anichino Bongarten449.
      Conobbe in allora frate Bussolari la necessità di dare Pavia ai Visconti, tanto più che una crudele epidemia, manifestatasi in città, abbatteva il coraggio degli abitanti. Stese egli stesso gli articoli della capitolazione. Assicurò ai Guelfi che aveva chiamati in Pavia, il diritto di risiedervi; ottenne la conferma del governo municipale da lui stabilito, e che doveva conservarsi sotto la sovranità de' Visconti. Ma egli sdegnò d'aggiugnere al trattato veruna condizione per sè medesimo, e mentre stipulava per la libertà della città, per la sicurezza de' cittadini e delle proprietà, non domandò nè meno una salvaguardia per la sua persona. Galeazzo Visconti accettò senza difficoltà queste condizioni, ma quando si trovò padrone della città e delle fortezze, dichiarò che nella sua qualità di vicario imperiale di Lombardia, non era legato da verun patto contrario ai diritti dell'impero o agl'interessi del fisco. Citò le leggi romane ed i giureconsulti che lo scioglievano dalle contratte obbligazioni; perciocchè d'ogni tempo trovaronsi uomini dotti, abbastanza vili per sostenere le più odiose massime del despotismo. Rimandò quindi al luogo del loro esilio i conti di Langusco ed i principali Guelfi di Pavia, abbrogò tutte le costituzioni municipali di questa città, e la sottopose al suo assoluto potere450.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo VI
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1818 pagine 301

   





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