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      All'indomani la compagnia doveva entrare in una stretta e chiusa valle, in fondo alla quale le acque d'un torrente si precipitano tra i dirupi. Da questa valle, che giace in mezzo alle più alte cime degli Appennini ed è lunga due miglia, si esce per un angusto passaggio detto la Scalella, ove un angusto e tortuoso sentiere sale verso una valle più alta attraversando praterie assai ripide.
      L'armata del conte Lando era divisa in tre corpi quando giunse a questo passaggio. Gli ambasciatori fiorentini trovavansi coll'avanguardia comandata da Amerigo di Cavalletto. Questi attraversò la Scalella senza trovare ostacolo, e continuò la marcia. Il conte Lando, che comandava il corpo di battaglia, quando giunse allo stesso luogo trovò la sommità della Scalella occupata da ottanta contadini. Questo pugno di gente fermò il primo squadrone, che voleva passare, facendo ritolare grosse pietre sopra di lui. A questo segno si videro comparire sulla cima di tutte le montagne contadini armati, che signoreggiando la cavalleria rinserrata nell'angusta valle come in una prigione, la schiacciava sotto gli enormi massi di pietre che facevano precipitar giù dalla cima del monte. Invano il conte Lando mandò un corpo d'Ungari a piedi per mettere in fuga i montanari; gli Ungari furono respinti da que' precipizj, che non potevano sormontare, in fondo alla valle. Mentre ciò accadeva, il conte Brocardo, che comandava la retroguardia, entrava in questo periglioso ricinto; un gran masso staccato dall'alto del monte lo strascinò col suo cavallo nel torrente ove perì. L'universale disordine, lo spavento de' cavalli che s'impennavano in un'angusta strada, e l'inutilità de' loro mezzi di difesa, avevano di già scoraggiati i soldati, quando i contadini scesero da tutte le parti delle montagne, e senza interamente perdere il vantaggio del terreno, cercarono con lunghe picche o lance di spingere a basso ne' precipizj i soldati che trovavansi al di sotto di loro.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo VI
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1818 pagine 301

   





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