Pagina (222/301)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      D'allora in poi supplì ella sola a tutte le incumbenze di governatore e di capitano; più non depose la corazza, ed i nemici la videro sempre alla testa de' soldati492.
      Ma il colle su cui è posta la murata non è di solida pietra, onde i minatori nemici avanzarono le gallerie fin sotto alle mura, e malgrado la resistenza di Marzia le fecero crollare e vi aprirono larghe brecce. Marzia si presentò per la prima dietro queste aperture, ne difese lungo tempo il passaggio, e fece piantare alcune palafitte invece delle abbattute mura; ma all'ultimo, costretta di cedere al numero, si ritirò nella cittadella con quattrocento uomini tra soldati e cittadini, disposti ad ubbidirle fino alla morte493.
      Gli assedianti avevano fabbricate otto macchine destinate a lanciar pietre, le quali, accostate alla cittadella, facevano piovere una grandine d'enormi pietre sulle sue torri. Nello stesso tempo i minatori avevano ricominciato i loro lavori in quel terreno facile a scavare, e di già avevano innoltrate le gallerie fin sotto le mura. Marzia lo sapeva, non poteva sperare soccorso da veruna banda, nè aveva notizie dello sposo assediato in Forlì. Trovavasi in così disperato stato ridotta, quando vide giugnere Vanni di Susinana suo padre, cui il legato aveva permesso di entrare nella rocca, onde persuadere la figliuola ad evitare l'estreme calamità. «Mia cara figlia, gli disse Vanni, tu sai che l'onor tuo non mi sta meno a cuore che la tua vita; ho fin qui applaudita la tua generosa difesa, e non ho cercato di allontanarti dai pericoli.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo VI
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1818 pagine 301

   





Marzia Forlì Vanni Susinana Vanni