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      Tutt'i soldati licenziati dal legato e da diversi comuni di Toscana avevano raggiunta la compagnia, ond'essa contava in allora sotto le sue insegne cinque mila cavalieri, mille Ungari, due mila masnadieri e più di dodici mila servitori, vivandieri e simile altra gente di perduti costumi. I Perugini trattando colla compagnia le avevano aperti i passaggi degli Appennini, onde per giugnere a Firenze non le restava omai più a superare alcuna fortificazione della natura. Il conte Lando suppose che la signoria, atterrita dalla presente sua situazione, gli accorderebbe vantaggiose condizioni, e le offrì di entrare in trattati. Molti gentiluomini che si dicevano amici della repubblica, molti contestabili della compagnia, che altra volta avevano serviti i Fiorentini, presentaronsi quali mediatori, ma la signoria rifiutò di trattare. Giunsero per ultimo a Firenze alcuni ambasciatori del marchese di Monferrato incaricati di prendere la compagnia al soldo del loro padrone, e soltanto chiedevano che la repubblica le accordasse il passaggio attraverso al suo territorio. Lungi dal chiedere qualche contribuzione per la compagnia come non eransi fin allora rifiutati di pagare i più potenti sovrani, offrivano dodici mila fiorini in compenso dei guasti che potrebbe fare. I gentiluomini ed i proprietarj delle terre, che temevano pei loro beni, insistevano perchè si accettassero tali condizioni: ma veruna nazione aveva mai posseduto in così alto grado come i Fiorentini il coraggio delle risoluzioni, il coraggio civile, di lunga mano superiore al coraggio militare.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo VI
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1818 pagine 301

   





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