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      Tutti i cittadini si accordarono in riporre l'onore e la libertà della repubblica al disopra de' personali motivi di pericolo o di ruina; l'arroganza delle compagnie avventuriere era un giogo ch'essi più non volevano sopportare; e volevano anzi ch'esse finalmente provassero quale resistenza erano capaci di opporre, onde dichiararono essi che a veruna condizione non permetterebbero alla compagnia d'entrare nel loro territorio508.
      Frattanto l'Italia tutta era partecipe dello sdegno de' Fiorentini contro questa associazione formata per assassinare, la quale da tredici anni rubacchiava le province, tradiva i sovrani e copriva di vergogna la milizia italiana. Questo sentimento fece accorrere in ajuto de' Fiorentini un gran numero di valorosi che cercavano opportunità di combattere contro i Tedeschi. Il conte di Nola di casa Orsini, condusse a Firenze trecento corazzieri mandati dal re di Napoli, e ben tosto gli tennero dietro dodici cavalieri napoletani, che avevano a loro spese formata una compagnia di cinquanta uomini509.
      Dopo essersi trattenuta alcun tempo a Bettona ed a Todi, la grande compagnia scese nel territorio di Siena, ed il 25 di giugno si avanzò fino a Buonconvento e Bagno a Vignone. Il 29 giugno i Fiorentini trassero la loro armata in campagna, e le si diede lo stendardo con grande ceremonia. Il capitan generale, Pandolfo Malatesti, avendo ricevuto lo stendardo reale dalle mani del gonfaloniere di giustizia, lo passò a Nicola de' Tolomei da Siena, che in allora trovavasi ai servigi della repubblica; confidò l'insegna de' figliuoli perduti ad un tedesco, detto Rolando, che da lungo tempo era al soldo de' Fiorentini, mostrando in tal modo, che facendo guerra agli avventurieri tedeschi, la repubblica non lasciava di continuare a por fede in coloro che le si erano mantenuti fedeli.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo VI
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1818 pagine 301

   





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