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      L'Omo Santa-Maria, signore di Jesi, nuovo capitano dei Pisani, era entrato cogl'Inglesi in Val d'Arno di sopra, ed il 17 settembre erasi reso padrone di Filigne senza quasi trovare resistenza604. Malatesti, quasi volesse precludergli la strada, stabilì il suo campo all'Ancisa, ma diede a questo campo così grande estensione che riusciva quasi impossibile il poterlo difendere; ne allontanò i migliori soldati, sotto pretesto di fare una scorreria nel territorio pisano, ed egli stesso l'abbandonò per tornare a Firenze. In sua assenza fu sorpreso il campo il 3 ottobre, ed i Fiorentini perdettero più di quattrocento uomini605. Il forte castello dell'Ancisa rimaneva almeno per coprire Firenze, ma all'indomani il luogotenente di Pandolfo l'abbandonò ai nemici. Si videro giugnere verso la città i fuggiaschi che tornavano dall'armata, e Pandolfo, che gli era andato all'incontro, retrocesse a briglia sciolta, e raddoppiò l'universale terrore. Andò a dichiarare agli otto signori della guerra, che non conosceva verun altro mezzo per salvare Firenze, che quello di unire al potere militare di cui era rivestito un potere giudiziario sopra i cittadini, onde mantenere l'uno coll'altro, e punire a tempo le congiure che scoprirebbe in città. I signori della guerra adunarono in vista di tale inchiesta un consiglio straordinario cui invitarono tutti i più riputati cittadini606. Quando gli otto della guerra ebbero dichiarato a questa assemblea la domanda del Malatesti, Simone, figliuolo di Rinieri Peruzzi, si levò, e disse ad alta voce «Abbadate di non accordare al Malatesti veruna nuova prerogativa, i suoi progetti non ad altro mirano che ad usurpare la tirannide: ricordatevi del duca d'Atene, de' suoi cominciamenti, e come osò in seguito trattarvi; riconoscete la dolcezza della libertà, e vivete e morite conservandola.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo VI
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1818 pagine 301

   





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