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      Quante storie mi raccontai quella notte! M'ero sdraiato sul materasso poggiando la testa sul braccio destro, e ero un bimbo che aspettava con occhi aperti un po' di lume alla fessura della porta e la mamma entrasse: "Non dormi? È tardi. Dormi, dormi. Ti racconto una storia".
      Avevo pietà e tenerezza per me stesso. E mi raccontavo a voce alta una storia del carso: "Molti anni prima di noi una donna del carso con capelli biondi, aveva partorito un piccolo che tremava anche sotto la pelle d'orso. Allora lei poiché il suo fiato non bastava, accese il fuoco per la prima volta. Il piccolo crebbe e non andava a caccia. Mangiava carne cotta e le notti d'inverno quando si svegliava d'improvviso e non vedeva la fiamma, l'oscurità e il freddo entravano in lui, ed egli pensava strane cose, rabbrividendo. Dalla volta della grotta stillavano gocce, piú lente del battere del suo sangue, e come cadevano sullo strame del giaciglio egli sentiva camminare fuori della grotta. Ma molto lontano; chissà dove, chi era?
      Pascolava le capre; si ficcava dentro un cespuglio e guardava il cielo tra le frasche. Un cervo passava annusando, un uccello fischiettava, e quei suoni entravano in lui e si intricavano. Poi dormiva un poco. Poi tornava al calar del sole, e raccontava con parole chiare come le foglie dopo la piova. La sua famiglia l'ascoltava.
      Un giorno, mentr'egli raccontava, vennero uomini, il torso come macigno spaccato dal ghiaccio; ammazzarono la famiglia, rubarono il fuoco, e condussero lui in servitú.


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Il mio Carso
di Scipio Slataper
pagine 103