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      Perché dunque ci estrassero dalla terra? Dormivamo quieti nel tepore umido delle radici. Piú fondi ancora eravamo, eravamo il buio cuore duro della terra. Venne giú un'ondata di luce, ci squarciarono, ci portarono al sole.
      Ebbene: ora viviamo. Ora vogliamo sole sulla terra. Grande sole di deserto. Sole che spacchi le fronti. Distruggiamo la foresta!
      I colpi cantano senza respiro, fra il ronzar dello scheggiume. Ah com'è buono arrivare al cuore della vecchia quercia! Il colpo s'insorda. Via! - Un crollo: rintronan gli echi lontani.
      Ora gli squartatori e squadratori hanno lavoro per una settimana.
      Sono venuti i bimbi a vederla morta per terra, e ne unghiano la corteccia lichenosa con roncolette dal manico rosso. Sono contenti. M'hanno dato fragole e lamponi. Io mi frego con l'indice disteso il sudore delle sopraciglia e li guardo.
     
     
      Vorrei essere piuttosto sorvegliante d'una piantagione di caffè nel Brasile. Ho parlato oggi con un negoziante di qui: dice che sapendo lo spagnolo potrei farlo benissimo. Basta un po' di durezza. Badare che lavorino.
      Dar di frusta non fa male. Avrei piacere di assaggiare quelle larghe spalle di meticci. È strano che la gente non crederebbe io possa essere aguzzino. La gente non crede ch'io sono freddo e calmo e che la loro miseria mi dà semplicemente un senso di noia.
      . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
      E io?
      Io sono come voi, non badate. Le mani del giovane barbaro sono diventate bianche e deboli come le mani delle femmine.


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Il mio Carso
di Scipio Slataper
pagine 103

   





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