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      Ora è tempo di sognare: alberi spaccati, schiene frustate, altre cose. Tante altre forti cose.
     
     
      Mamma mi diceva timidamente ch'era naturale non dormissi, tutto il giorno su e giú per la tua stanzetta senz'aria! - Come un condannato: cinque passi in su e cinque in giú, fra due scaffali di libri letti e riletti e un muro bianco dove sta scritto da tanto tempo: Tutte le cose son vere, ma alcune accadono ora, altre accadranno nel futuro. E s'io ti racconto questa triste notte invernale d'una fata che viene portando odoranti fiori in grembo, tu mi devi credere, o povera anima mia. - È passato parecchio tempo. Ora il piccolo salmo è tagliato con un frego del dito. E scritto anche, a lapis rosso: Guardami ben: ben son, ben son Beatrice.
      Su e giú, giú e su. E poi sedere davanti a questo piccolo tavolinetto, e poi sdraiarsi per terra. In strada gl'innumerevoli bimbi urlano e piangono e tiran sassate sulla ruletta chiusa dell'erbivendola. Tornano in rimessa, con gran fracasso, i carri d'una fabbrica di birra. La casa grigia di fronte è orribile. Quando piove, sgocciola di sudore giallastro. La luce invade camere soffocate, angoli di grandi armadi scrostati, uno straccio per terra, una donna grassa che si leva le calze. A qualunque ora del giorno sono ammassate sulle finestre lenzuola e coperte stinte. Tutto il giorno c'è una brutta baba sdentata che sbraita discinta dalla finestra contro il suo bambino: "Ah, porco! Dove te xe, fiolduncàn?" 'Speta che te guanto mi, mulo! Cori, Paulin! Che dio te maledissi in tel anima, porco de mulo!


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Il mio Carso
di Scipio Slataper
pagine 103

   





Guardami Beatrice Speta Paulin