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      Vivrei quassú in carso, solo.
      Forse troverei la mia vera Vila, Carsina. Lei non doveva morire. Credeva che io fossi tutto forza e bontà. Io non sono forte. Io ho bisogno d'amare come tutti gli uomini. Io voglio la vita piena, completa, col suo fango e i suoi fiori. Io non sono fedele alla morte. Io voglio bene alla carne sana, piena di sangue e di prosperità. Io voglio bene alla mia carne.
      Carsina sarà dritta e avrà i capelli un po' resinosi come i ciuffi dei ginepri primaverili. Denti bianchi e aguzzi, per mordere. Elastica alla vita da rovesciarsi in una rossa risata col capo all'ingiú sotto la mia stretta. Sarà bello svegliarsi alla prima alba e vedere i piccioli delle foglie e il cielo bianco tra esse.
      Baciarci nella rugiada. Carsina, finché tu sarai giovane io vivrò quassú solo con te.
     
     
      Io avrei dovuto vigilare nel suo sonno come un cane nella camera del padrone perché nessuno v'entri. Avrei dovuto tenermela tutta nelle braccia, e radicarla nella terra. Quando la baciai non seppi pensare che nel suo cuore poteva essere il pensiero di morte. Io non l'ho capita. Ora non è dolore, ma punizione. Accetto e non mi lagno. Non patisco.
      Il male sussulta di tratto in tratto in me anche nel sonno, nel torpore e nella stanchezza fisica. Io credo anche dopo la morte. C'è un grumo sanguinoso dentro il cervello che non mi permette di pensare limpidamente.
     
     
      Creatura, io benedico il giorno che sei nata e il giorno che hai voluto morire. Non chiedo e non urlo. Io so che tu sei morta ferma e sicura.


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Il mio Carso
di Scipio Slataper
pagine 103

   





Vila Carsina