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      Con applicazione lenta del calore si vide che l'amorfa dà indizi di scomposizione a +40°, e quelle di 1a, 2a e 3a cristallizzazione cominciano a scomporsi a +60° +75°+90°.
      Da ciò emerse che il divisato impiego per l'innescamento delle armi non potrebbe farsi che adoperando nitromannite purificata con cristallizzazioni ripetute.
      Una mistura, tra le varie che si sperimentarono e che diede ottimi risultamenti, fu quella di nitromannite, solfuro d'antimonio e polverino. Il solfuro d'antimonio si impiegò come corpo duro che può trasmetter l'urto a tutta la carica; il polverino in piccolissima proporzione dovea render più facile la trasmissione dell'accensione dal cappelletto alla polvere dell'arma. La granulazione di questo miscuglio inumidito con acqua gommata ed alcool, ed il caricamento come l'essiccazione delle esche caricate, non presentarono nissun inconveniente. La prova pratica dello sparo delle armi riuscì favorevolissima non verificandosi che 2% di scatti inutili, ossia inefficaci a determinare l'accensione della carica dell'arma: esito identico a quello di prove comparative con esche cariche di fulminato di mercurio.(101)
      La mano d'opera notevolmente lunga per la ripetuta cristallizzazione della nitromannite, fu un ostacolo che si considerò come grave contro l'adozione della proposta; ma e già in allora, e più tardi, un'altra maggiore difficoltà si presentò, quella della instabilità della nitromannite.
      In esperimenti molti, che si eseguirono in quell'anno, la mannite amorfa, ed anche la cristallizzata (questa non sempre) si scomposero alla luce diffusa, più o meno prontamente.


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Memorie scelte
di Ascanio Sobrero
Utet Torino
1914 pagine 184