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      POCHE PAROLE PER CAPIRCI ALLA PRIMA.
     
      Questo libro non è per gli strategici e molto meno pei letterati; un cruscante, leggendolo, avrebbe di che arricciare il naso moltissime volte; un soldato di quelli che vanno per la maggiore, giurerebbe che lo scrivente sa di arte di guerra, quanto sa d'ortografia un'analfabeta; nè io dicerto vorrei sfegatarmi per far cambiar loro opinione; io non l'ho mai pretesa a linguista ed ho una vecchia ruggine con chi si arrovella, per studiare il sistema di ammazzare più gente che può.
      I miei non sono che appunti; appunti presi al chiaro di luna, nel silenzio degli avamposti o nel cicaleggio giocondo e spigliato della caserma; tra il fischiar delle palle e le canzoni entusiastiche, tra una bestemmia e una lacrima, in mezzo alla baldoria e ai cadaveri, ai generosi proponimenti e alle continue disillusioni, nasce spontanea in chiunque abbia del cuore, una filosofia che l'arcigno e pettoruto pedante non crederebbe possibile in una vita scapigliata, chiassona, piena d'emozioni, ma sempre senza pensieri, quale è la vita del campo. E di tali riflessioni, ispirate dai fatti ora tristi, ora gloriosi, di cui fummo gran parte, può essere che qua e là se ne trovino anche in questi appunti, che raffazzonati alla meglio, ora ardisco di offrire ai miei buoni lettori, persuaso che, se non avranno altro merito, avranno certamente quello di essere dettati dalla verità, mai da rancore o da invidia.
      Se arrivato all'ultima pagina, qualcuno che avrà avuto l'eroismo di seguirmi fin là, volgerà un pensiero pietoso ai poveri martiri, che ignorati si giacciono nell'estese pianure sotto Fontaine e Talant e resterà persuaso che i pochi, i quali per la causa più santa che si sia dibattuta in questi ultimi tempi lasciarono interessi e famiglia, quantunque disconosciuti e non aiutati da chi aveva il dovere di aiutarli, hanno fatto tutto quello che umanamente era loro possibile per far trionfare la idea, battendosi da prodi, e non mostrandosi indegni di quella camicia rossa, che da gente abietta e codarda si voleva condannare al Bargello, io sarò più che contento, io potrò dire che il mio povero libro ha raggiunto il suo scopo.


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Da Firenze a Digione
Impressioni di un reduce garibaldino
di Ettore Socci
Tipografia sociale Prato
1871, pagine 297

   





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