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      .. Evviva il rosso!
      - Evviva! - Rispondemmo noi tutti, contenti come pasque per la nuova distrazione che ci dava quel caso inopinato e maraviglioso che faceva inorridire dallo spavento il superstizioso fellak e la donnicciola dei nostri camaldoli; due selvaggi in questo secolo in cui non si fa che ragionare di civiltà.
      Dopo pochi minuti, lasciai i miei compagni, e prima di ridurmi a casa, ebbi vaghezza di vedere, forse per l'ultima volta, il lungarno. Era deserto! Non sto a ripetere tutti i pensieri che, ispirati dalla solitudine, si accavallavano e si cozzavano nel mio cervello in ebollizione: finalmente si poteva partire, e partire per la Repubblica... finalmente era venuto il momento di far vedere ai nostri nemici che non si era buoni soltanto a declamare per i caffè e per le bettole, finalmente si realizzava quel sogno che da tanto tempo vagheggiavamo nel più segreto dei nostri pensieri. E dire che i pezzi grossi della democrazia, tutti, come un sol uomo ci avevano sconsigliato. Ma che vogliono dunque - ripeteva tra me - questi vecchi che coi loro scritti, colle loro opere sono stati i primi a farci amar la repubblica? - Lasciar solo là, tra un popolo straniero, Garibaldi e farci sfuggire una sì bella occasione.... Ma che vogliono dunque costoro?.... Alla fine soccorrendo la Francia, noi non adempiamo che al nostro dovere; si soccorre la nostra sorella maggiore, la patria delle grandi iniziative, quella che ci ha istruito colle sue opere, che ci ha dato sollazzo coi suoi romanzi, che ha fatto le spese dei nostri teatri, che dal campo sereno e grandioso della scienza a quello frivolo della moda ci ha dato ogni cosa; se ci è di mezzo quel maledetto affare di Montana, che colpa ce ne ha la Francia, che colpa ce ne hanno i discendenti di Voltaire e di Danton, i figli di quella Nazione che ha proclamato per prima in faccia all'attonito mondo i diritti dell'uomo?


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Da Firenze a Digione
Impressioni di un reduce garibaldino
di Ettore Socci
Tipografia sociale Prato
1871 pagine 297

   





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