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      Quattordici passi di lunghezza; sei di larghezza: una finestra alta cinque piedi da terra, e dalla cui ferriata a quadrelli vedi sempre quel medesimo strappo di Cielo, quella medesima tettoia dell'edifizio difaccia, quella medesima stella che sera per sera, qual malinconica amica, par che venga a darti un saluto, un conforto ed una speranza; un pagliericcio per sdraiarsi: una brocca d'acqua per bere; in quanto a mangiare... ci sono le mani che paiono fatte apposta per questo!... Il rumore del mondo, in mezzo al quale ti trovi ma che, almeno per ora č morto per te, viene a colpirti gli orecchi nella tua solitudine ed ora qualche allegra canzone ti rammenta i bei tempi che unito agli amici andavi a far la serenata sotto i balconi della tua bella: ora i concerti di una musica militare t'inebriano, ti rapiscono in pensieri l'uno pių dell'altro impetuosi: ora il frastuono della via, le urla dei venditori, il continuo passare delle carrozze ti riportano i momenti in cui tu pur passeggiavi, in cui tu pure davi alla sfuggita un occhiata alle belle signore che come Dee ti passavano innanzi agli occhi, trasportate da' loro cocchi: insomma un cumulo di reminiscenze che ti straziano l'anima: č un martirio che fa deperire e qualche volta impazzire l'uomo d'ingegno e di cuore, e che indurisce viepių chi č incallito nel vizio. Aggiungete a tutto questo l'obbligo di restare lė chiuso, mentre, alla semplice idea di esser costretto a fare una cosa, fosse pure la pių gradita, si prova una certa repugnanza che ci fa entrar le paturnie.


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Da Firenze a Digione
Impressioni di un reduce garibaldino
di Ettore Socci
Tipografia sociale Prato
1871 pagine 297

   





Cielo Dee