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      Ci si perdeva, come di solito, in congetture su quelle apparizioni, quando venne un custode e con ilare fisonomia, ci disse: Giù, giù nella stanza del capo guardiano.
      - Ci son novità?
      - Eccome! - Loro son liberi.
      - Liberi! - Urlammo noi e ci stringemmo l'un l'altro la mano. O libertà!... Prima tra tutti gli affetti e le aspirazioni dell'uomo, senza te è impossibile vivere, e solamente si giunge a comprendere tutta la tua dolcezza ineffabile, allorquando per disgrazia ti si è perduta; ridotti allo stato di cose, costretti a reprimere i battiti del cuore, le concezioni del cervello, gli slanci che suol produrre l'intelligenza, a te si ripensa come lo stanco e affaticato peregrino, in una montagna o in mezzo al deserto ripensa all'agiatezza della sua casa, ai dolci riguardi dei parenti lontani. Tanta è la gioia che si sente nel ricuperarti, che si tornerebbe a soffrire gli istanti penosi, che abbiamo sofferti, pur di provare l'inenarrabile felicità, che si prova in quell'istante divino.
      Scendemmo a rotta di collo le scale, entrammo nel corridoio, dove di subito fummo circondati dai nostri compagni, che ci abbracciavano, ci baciavano, ci opprimevano di mille domande; chi troverebbe parole per descrivere l'emozione di quel momento solenne? Non era il tornare a vivere che ci sorridesse soltanto: era l'idea che prima o poi si avrebbe raggiunto nostro padre, che tale deve considerarsi da un giovane l'eroe leggendario della libertà e del progresso, che tale deve essere riguardato da tutti coloro che soffrono, il prode general Garibaldi.


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Da Firenze a Digione
Impressioni di un reduce garibaldino
di Ettore Socci
Tipografia sociale Prato
1871 pagine 297

   





Garibaldi