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      Uu fetore immenso, una miseria che metteva spavento: tutto insieme uno spettacolo che faceva venir voglia di piangere. Poveri disgraziati, mentre il ricco annoiato profonde le migliaia di lire ai piedi di una ballerina, o per avere una bella pariglia, e finimenti magnifici alle passeggiate ed ai corsi, essi morivano di fame, non si sdigiunavano nemmeno tutti i giorni, perché il marito dell'afflitta giacente, dopo aver lavorato come un ciuco, era caduto da varii mesi ammalato e i di lui padroni gli avevano sospeso il salario.
      Noi avevamo pochi quattrini, questi pochi ci servivano appena per fare il viaggio e purnonostante non potemmo fare a meno di dare il nostro piccolo obolo, per questa miseria che ci faceva piangere il cuore. Oh! se tutti andando a prendere un punch, o fumando un sigaro (vedete che prendo le più piccole spese) pensassero che con quei pochi soldi si potrebbe procurare un tozzo di pane a tanta gente che è degna di aiuto e che langue nella più tremenda miseria, oh! scommetto che allora i vizi scomparirebbero, che nessuno avrebbe cuore di abusar del superfluo, mentre tanti fratelli mancano del necessario:
      Il fischio della macchina che arrivava ci annunziò che l'ora della partenza era giunta; lasciammo la casa del dolore e non potendo esser più allegri, chiotti, chiotti rientrammo nel treno, che dopo due o tre ore ci lasciava a Bologna.
      A Bologna fu mestieri fermarsi fino al giorno dipoi; s'immagini chiunque ha fior di senno, con qual malumore: malumore che ci cresceva a mille doppi, vedendo come la celebra guardia di sicurezza seguisse come un cagnolino tutte le nostre pedate.


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Da Firenze a Digione
Impressioni di un reduce garibaldino
di Ettore Socci
Tipografia sociale Prato
1871 pagine 297

   





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