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      Io li trovai nel così detto salone, nel quale ci si rigirava appena, tanto era piccolo!... ma pure lo avevan battezzato come salone.
      Prendemmo un caffè, e si assise con noi un Pollacco, che bisticciava alla peggio un po' di francese: egli ci disse che veniva in Francia, e che era già stato ufficiale di cavalleria nell'esercito Austriaco e Prussiano, e per convalidare ciò che diceva, ci mostrò una fotografia, che aveva in tasca, dove era rappresentato in alta montura di ussero. Alla nostra domanda se pur egli avesse intenzione di arruolarsi con Garibaldi, fece una smorfia. e portestandoci di amare i volontari, ma di trovarsi al mo posto soltanto tra truppe disciplinate, ci fece noto il suo divisamente di entrare nell'esercito di Bourbaki, allora in formazione, io credo, a Châlons.
      Era intanto sceso giù da noi il macchinista, un bel tipo di Francese meridionale: un repubblicano a prova di bomba, che faceva parte del Comitato di Marsiglia e che anzi s'incaricava di condurre più gente che gli fosse possibile in quest'ultima città. La testa di quest'uomo era molto espressiva; fronte spaziosa e barba foltissima; con un berretto Frigio sul capo ti rassomigliava perfettamente uno di quei celebri convenzionali che tanto impaurirono ed entusiasmarono la Francia sullo scorcio del secolo decimottavo. Franco e leale egli cantava le cose come le sentiva, per cui alle parole del Polacco, che aveva terminato il discorso con mille elogi dell'eserciti permanenti, sola speranza di una nazione in pericolo (sic) alzava furiosamente le spalle, e finì borbottando: Noi non andiamo d'accordo.


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Da Firenze a Digione
Impressioni di un reduce garibaldino
di Ettore Socci
Tipografia sociale Prato
1871 pagine 297

   





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