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      Si fece l'appello, eppoi a quattro a quattro ci movemmo per andare alla stazione. Che l'Italia sia la terra del canto, non può esser dicerto impugnato da chiunque ha fatto anche una sola campagna; il soldato Italiano appena si muove canta, canta andando all'attacco, come quando è in ritirata, canta nei malinconici stanzoni della caserma, come in mezzo alle strade, quando sa di partire; parta per una guarnigione, parta per andare alla guerra.
     
      Non pianger, mio tesoroForse ritornerò"
     
      Cantavamo in coro noi tutti; e le finestre si spalancavano, si illuminavano, ci offrivano dei leggiadri visetti, degli occhi superbi che ci lanciavano occhiate tanto benigne da farci commuovere; il nostro contegno non poteva non esser paragonato a quello dei mobili delle Bouches du Rhôn, e chiunque ha un po' di mitidio può di leggieri comprendere quanto un tal paragone resultasse per noi favorevole.
      Il lunghissimo tratto di via che è tra la prefettura e la stazione ci passò in un baleno; in una carrozza sul piazzale della ferrovia vedemmo la simpatica Aissa che ci buttò un bacio sulla punta delle dita. Se quel bacio non era precisamente il castissimo bacio degli angeli, è innegabile che per noi era assai caro. Salutammo gentilmente quella donna; il sapere che qualcuno serba dolce ricordanza di noi, ci fa piovere in cuore un sentimento di gratitudine, e in quei momenti che, volere o non volere, non sono così facili a ripetersi nella vita di un uomo, magnifichiamo certe cose alle quali in certi altri non daremmo alcuna entità.


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Da Firenze a Digione
Impressioni di un reduce garibaldino
di Ettore Socci
Tipografia sociale Prato
1871 pagine 297

   





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