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      Le traversie che ebbero a subire Rossi e Piccini, Squaglia e Baldassini per giungere in Francia, ci furono raccontate a quel desinare e meritano, credo, l'attenzione dei lettori, se non altro perché questo serva ad assicurarli del come, quando si nutrono certe idee, si affronta qualunque pericolo da quel partito che i troculenti avversarii, hanno osato qualificare per gente che non ha nulla da perdere e che si pasce solamente di trambusti perché in questi ci è da pescare nel torbido,
      Rossi e gli altri, dopo il nostro arresto restarono in Livorno e giungendo ad eludere quell'oculatissima pulizia, poterono giungere al momento bramato di imbarcarsi su una piccola barca, colla quale si accingevano a intraprendere una traversata che mette in pensiero l'indolente e pacifico borghese che deve farla in piroscafo. Perseguitati dalla polizia che non si ristava un momento da pedinarli, con un tempo indiavolato essi poterono imbarcarsi verso mezzanotte, due miglia lontani da Livorno. Il mare metteva spavento: ognuno potrà facilmente rammemorarsi di quanto furono sconsocrate le giornate che nell'anno passato annunciarono l'inverno; perfido il clima, continue le pioggie, mai interrotte le burrasche; ora mi si mettano otto o dieci persone sopra uno schifo, atto solamente a fare delle passeggiate, eppoi se ne tragga l'unica conseguenza possibile, e la non può esser che questa: i bravi giovani erano decisi a giocare di tutto per raggiungere il loro scopo, e possedevano tempra, da reputarsi più che miracolosa in questi tempi di unversali debolezze e di codardia inesprimibile.


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Da Firenze a Digione
Impressioni di un reduce garibaldino
di Ettore Socci
Tipografia sociale Prato
1871 pagine 297

   





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