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      Garibaldi non si lasciava sfuggire questa bella occasione che gli fornivano i propri avversarii: tutti gli uomini che dipendevano dai suoi ordini a poco a poco si riunivano nella città dove egli aveva posto il quartier generale; come abbiamo veduto, il brigadiere Lobbia era stato da lui inviato verso la direzione di Langres dal lato di Parigi; Canzio era partito per definire la questione con Frapolli e portare all'Armata dei Vosgi, tutti quei volontari che fino allora si erano tenuti lontani dal teatro della guerra. Le circostanti colline formavano oggetto di studii speciali e si fortificavano alla meglio, come lo consentivano gli scarsissimi mezzi di cui il governo era largo con l'armata guidata dall'invitto Eroe dei due mondi.
      Tutte le mattine alle quattro il generale esplorava la linea dei nostri avamposti. Esso percorreva l'immensa estensione in carrozza e sempre accompagnato da Basso: poi si riduceva al quartier generale da cui era ben raro che si muovesse durante la giornata. Il povero vecchio era torturato dai dolori attritici: ben di rado egli abbandonava le grucce, ma pure si vedeva sempre sorridere, sempre incoraggiare i soldati, beato di potere offrire anche una volta il suo braccio in difesa dei santi principii, di cui è sempre stato il più infaticabile apostolo e il più temuto sostegno. Ah!.. quanto ben differenti da lui erano certi arfasatti che si erano ficcati nello stato maggiore e pei quali chiunque è amico della verità, deve avere delle parole assai dure e dei rimproveri che nessuno può tacciare d'esagerati, perché naturali in chiunque abbia potuto conoscere vita, morte e miracoli di quella gente che si muove solamente da casa per speculare e per farsi ricca nel mentre che una nazione illaguidisce od è per subire le più grande delle sventure che la possa colpire, voglio dire le schiavitù. Gli appartenenti allo stato maggior generale, in buon numero erano francesi; io non intendo minimamente attaccare gli stati maggiori delle brigate, dove un Castellazzo, un Bizzoni, un Sant'Ambrogio, un Vichard, un Canessa, e tanti altri, di cui noi non potemmo sapere il nome, si coprirono di gloria e si mostrarono pari alle generosissime idee che sempre gli hanno guidati.


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Da Firenze a Digione
Impressioni di un reduce garibaldino
di Ettore Socci
Tipografia sociale Prato
1871 pagine 297

   





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