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      Splendi pure, con tutta la potenza degli animatori tuoi raggi, o ministro maggiore della madre natura, oggi almeno rischiarerai il trionfo della Libertà!
      A poco più di mezzo chilometro dalla città, vedemmo cinque o sei cavalli morti; da uno di questi si partiva una striscia di sangue, che, come la mistica colonna che guidò nel deserto gli Isrealiti, doveva guidare i nostri passi fino a Talant. A piè della scala di una casuccia, vedemmo steso morto un giovine Garibaldino; un campagnolo ci mostrò una lettera che aveva trovato nelle di lui tasche... era una lettera della sua mamma; la povera donna sperava di riabbracciare suo figlio nelle feste di Ceppo: la data di quella lettera era di novembre ed il giovine l'aveva tenuta sul cuore tutto quel tempo!
      Arrivammo alle nostre batterie; il fumo impediva di poter scorgere ciò che avveniva nel versante a noi sottoposto; un ronzio impertinente di palle ci rendeva avvertiti che i nemici non erano molto lontani. Garibaldi, MeNotti, Bizzoni, Sant'Ambrogio in quel momento eran là. Troviamo lo Strocchi che ci avevano dato per ferito, lo abbracciamo e si aggiunge con noi. Il Generale era sceso di carrozza, esaminava i tiri dell'artiglieria e dava consigli agli artiglieri. Uno di marina, che faceva il servizio ai pezzi, puntò due volte il cannone e fece due tiri ammirevoli: le nostre perdite erano fin allora pochissime e i nostri nemici, non che avanzare, perdevano di momento in momento terreno; allora fu comandata la carica alla baionetta.
      I Franchi tiratori si lanciarono, come leoni, all'attacco: due zuavi li procedevano di qualche passo, agitando, a mò di bandiera, i guidoni delle compagnie a cui erano stati ascritti.


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Da Firenze a Digione
Impressioni di un reduce garibaldino
di Ettore Socci
Tipografia sociale Prato
1871 pagine 297

   





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