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      .... Finalmente venne il mattino, e parve che la luce, come fugava le tenebre, fugasse da me i vaneggiamenti della immaginazione malata. Mi alzai ed uscii; quelli non mi sembravano giorni da poltrir sulle piume.
      A tutte le cantonate della città era affisso un'ordine del giorno di Garibaldi; ordine del giorno nel quale l'illustre comandante dei volontarii, nonché inorgoglirsi ai fumi delle vittorie e proclamare i suoi soldati per eroi, raccomandava a loro di moderare la foga dei dì passati, di non attaccare in massa il nemico, ma sì in pochi, alla spicciolata, e spronava in special modo gli ufficiali ad adempiere un poco di più il proprio dovere.
      Alla porta del quartiere delle Guide, vidi il Materassi che scendeva da cavallo; mi accolse a braccia aperta e mi mostrò delle bottiglie di vino generoso, urlando: Ecco lo specifico per la tua malattia!
      Quel vino era stato trovato nelle ambulanze PrussianE e doveva far le spese di un mattiniero banchetto che imbandimmo lì sul tamburo. Era mezzogiorno e, malgrado tutte le dicerio, si cominciava a credere che per quel giorno gli oppressori della Francia non ci avrebbero molestato. Finito il pasto, ce ne andammo tutti a trovare lo Stefani; dopo poco che eravamo entrati nella di lui camera, mi si cominciò ad abbagliare la vista, sentii al palato un sapore di sangue, tossii a più riprese e caddi sfinito sopra il divano. Non so quanto stessi in quello stato in cui più non sentivo la vita: quando cominciai a comprender qualchecosa tuonava il cannone, e lo Stefani, mezzo vestito, stava per alzarsi da letto.


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Da Firenze a Digione
Impressioni di un reduce garibaldino
di Ettore Socci
Tipografia sociale Prato
1871 pagine 297

   





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