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      - Aissa, Aissa - Le dissi e fui incapace di proferire altre parole.
      La moribonda mi guardò attentamente, direi quasi con ostinazione; si pose una mano sul cuore, come per reprimerne i palpiti, stiè un poco senza articolare parole, poi faticosamente, senza riconoscermi, sussurrò a bassissima voce: portatemi fuori!
      Interrogai con un'occhiata i compagni; vedendo com'essi erano propensi ad esaudire quest'ultimo voto di quella bella creatura, la presi amorevolmente pel capo, mentre gli altri adagino adagino la sollevarono pei piedi, e la deponemmo su di un praticello, dove l'erbetta era tutta ingemmata dalle stille della mattiniera rugiada, e dove rimpercotevasi un vagabondo rAggio di sole, che si era fatto strada tra le nuvole che tutto ingombravano il cielo.
      Aissa era rimasta prostrata; gli occhi le si erano chiusi; come era bella!... Soffusa di un pallore che faceva apparire le di lei carni di cera; coi magnifici capelli neri disciolti lungo le spalle, tu l'avreste creduta l'angelo della grazia e della bellezza, morto esso pure in tanto turbinio di barbarie! Poco più sotto del cuore, uno straccio nell'abito, delle goccie di sangue rappreso indicavano dove l'avesse colpita il piombo nemico! In quell'istante la si sarebbe detta già morta, se un'anelito frequente muovendo ad ogni poco il busto di lei non avesse ispirato la certezza, che ancora non si era dileguato il soffio animatore di quella materia.
      La discinsi; feci portare da uno dei nostri dell'acqua: con questa le bagnai ambe le teMpia, e poi colla faccia proprio sopra la sua, mi misi a spiare il momento, in cui ella sarebbe tornata ad essere in se.


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Da Firenze a Digione
Impressioni di un reduce garibaldino
di Ettore Socci
Tipografia sociale Prato
1871 pagine 297

   





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