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      Domandiamo a qualcuno che cosa è avvenuto: ci si risponde che domani i Prussiani saranno in città. Ci si stringe nelle spalle e si entra nella grande Rue: questa è tanto affollata che bisogna procedervi a forza di spinte; per pervenire alla sottoprefettura ci è necessaria una buona mezzora. Il popolo è più abbattuto che mai: qualcuno si azzarda a proferire a bassa voce la parola tradimento. Pesco altre notizie: oggi scade l'ultima proroga dell'armistizio, nessuno avviso è venuto, niente di più facile che ricomincino l'ostilità. Incontro finalmente il nostro tenente - Stia pronto a partire, mi dice - Verso Chagny? - Nemmen per idea, noi andiamo a Macon - O i Prussiani? - Ci crede anche lei?... Va via il quartiere generale, ecco tutto; in settimana ci danno il congedo, fra quindici giorni siamo in Italia - E si parte? - Domattina alle quattro. - La partenza dello stato maggiore aveva prodotto quel panico da cui era occupata tutta la città.
     
      Vo a casa: per via non posso fare a meno di pensare a tutti gli addii, a tutte le promesse, a tutti i pianti che si faranno nel corso di questa nottata; sento la voluttà di non lasciare nemmeno uno spicchio di cuore in questa graziosa città. Annunzio ai miei ospiti la mia vicina partenza; mi dicono le solite cose e mi offrono da bere; passo in salotto e mi trovo in compagnia con un prete che dice ira di Dio di Vittorio Emanuele perchè ha osato di entrare nell'eterna città: messo a punto, è la prima volta che faccio il realista (che il Cielo me lo perdoni!


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Da Firenze a Digione
Impressioni di un reduce garibaldino
di Ettore Socci
Tipografia sociale Prato
1871 pagine 297

   





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