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      So bene, che si attribuirà tutto questo a tante diverse cagioni, più che al principio cristiano: alla natura de' popoli che lo ricevettero, alla preesistenza e al rinascimento della civiltà classica, alle condizioni geografiche, ecc. Ma per quanta parte tutte queste cause abbiano potuto avere nella produzione della civiltà moderna, non si potrà mai negare, che se il principio cristiano non fosse stato quel che è stato, i popoli o non l'avrebbero ricevuto, o ricevendolo avrebbero tenuto un'altra via nello sviluppo della loro coltura. Per esprimere questa differenza dell'umanità negativa indiana dalla umanità europea, io ho detto nella Prolusione: "l'infinita distanza di questo vuoto essere (Brama) dalla personalità piena e assoluta, tale è l'abisso che separa questa coscienza dalla coscienza moderna".
      2. Brama è per me "la (vuota) concentrazione dello spirito in se stesso, mediante la negazione di ogni esistenza finita e determinata"; e perciò ho detto: "Brama è lo stesso spirito indiano". Il buddismo, infatti, - quest'ultimo grado dello sviluppo della coscienza indiana - per quanto differisca essenzialmente dal bramanismo, non si leva al di là di questa vuota concentrazione; di questo vuoto Essere, che è il puro Nulla. Inteso così il concetto di Brama, il buddismo apparisce come una conseguenza logica di questo concetto: più logica dello stesso bramanismo, come istituzione gerarchica e castale, e come sistema di riti, di cerimonie, di sacrifizi, di espiazione e in generale di mezzi esterni e meccanici per arrivare alla dissoluzione della personalità nel vuoto assoluto.


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La filosofia italiana nelle sue relazioni con la filosofia europea
di Bertrando Spaventa
Editore Laterza Bari
1908 pagine 286

   





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