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      L'unione dell'intelletto possibile coll'attivo non può essere lo scopo della attività umana; l'uomo aliquid immaterialitatis odorat, e non altro; anzi sa poco della stessa natura. - Ha più autorità il senso che la ragione, più l'esperienza che i principii razionali. I primi principii non si possono provare, ma solamente credere. E se ciò avviene nella cognizione naturale, tanto più avrà luogo nella cognizione del soprannaturale. In questa è necessaria la fede. - Non solo l'attività speculativa, ma anche l'attività pratica dell'uomo è limitata, sebbene meno della prima. Praticamente l'uomo può arrivare a quella perfezione, a cui non può giungere speculativamente. - Doversi ammettere la contingenza della creazione, ma non potersi comprendere dalla nostra intelligenza. Nello stesso modo, la ragione naturale non può conciliare la libertà umana e la provvidenza divina; nè risolvere il problema dell'immortalità dell'anima. - Senza il corpo non è possibile nè l'intelletto teoretico, nè il pratico: quello non conosce l'universale che nel particolare, e per la rappresentazione del particolare ha bisogno del senso e della immaginazione; il senso senza il corpo, come oggetto della sua attività, non può far nulla; la volontà non opera senza strumenti corporei. Così la vita morale, nella quale consiste tutta la dignità dell'uomo, non è possibile senza il corpo. - Questa necessità del corpo, così per la speculazione come per la pratica, limita di tal maniera il nostro intelletto, che, posto anche che noi fossimo immortali, non potremmo mai conoscere davvero la verità. (Pomponazzi nega la visione intuitiva in Paradiso). In che dunque deve esercitarsi l'intelletto?


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La filosofia italiana nelle sue relazioni con la filosofia europea
di Bertrando Spaventa
Editore Laterza Bari
1908 pagine 286

   





Pomponazzi Paradiso