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      Il tutto rassomiglia più a un corpo morto di fresco, che a un corpo vivente. Tu vedi ancora in esso le vestigia della vita, ma non la vita. E la vita - l'atto vitale - del gran corpo della filosofia è quella piena unità del pensiero, che penetra e insieme abbraccia, e perciò anima, tutta la sua propria materia; che non s'interrompe, nè si perde mai, ma nel suo perpetuo discorso si ripiega sempre e concentra in se stessa. Questa unità concreta, che nel primo grado dell'organismo si dice comunemente anima, nella filosofia è ciò che si dice sistema.
      Vi ha nella Protologia un luogo, che, contro la dottrina più volte ripetuta del privilegio dell'intuito sulla riflessione, dice così: "L'intuito apprende l'infinito, ma finitamente. Non è dialettico. La dialettica la crea la riflessione, in quanto si unisce coll'azione creatrice, principio del dialettismo reale. L'atto riflessivo è concreativo, e quindi dialettico. L'intuito vede l'atto creativo, e non vi partecipa54. Il che vuol dire, che non lo vede, perchè se lo vedesse, vi parteciperebbe. Ora, quando si considera che per Gioberti atto creativo, dialettica, organismo ideale, scienza o sistema sono una cosa medesima, si può epilogare il difetto della sua maniera di filosofare così: l'intelletto giobertiano è più intuito che riflessione, cioè: apprensione dell'Idea in una forma finita, meramente soggettiva, e quindi falsa. La vera oggettività o infinità dell'Idea è il processo dialettico della riflessione.
      Questo luogo ed altri simili delle Postume contengono come il punto di conversione o una nuova piega della mente di Gioberti; sono un'ingenua confessione della insufficienza della sua prima maniera di filosofare, e una condanna perentoria di quel che il maestro con tanta enfasi e i discepoli con tanto fracasso hanno chiamato il puro ontologismo.


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La filosofia italiana nelle sue relazioni con la filosofia europea
di Bertrando Spaventa
Editore Laterza Bari
1908 pagine 286

   





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