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      Dunque, nego il conoscere, l'oggettività del conoscere; giacchè, se deve essere spiegato da que' principii, cioè naturalmente, non si può spiegare; e se uno di que' principii, cioè la natura, è il vero principio, il conoscere, non potendo essere spiegato da questo principio, non ci è. - Ora, negare il conoscere è già affermarlo; è dire: io conosco di non conoscere. La proposizione: non conosco, presa dommaticamente, è un giudizio categorico, e perciò conoscere. Questa proposizione, dunque, annulla se stessa, se si prende assolutamente. Questa contradizione è la Sofistica. Il conoscere sofistico è un conoscere che non è vero conoscere; è opinione, conoscere individuale, soggetto empirico. - Pure la Sofistica ha un lato vero. Quando essa dice: non ci è il conoscere, dice ciò nella sua posizione storica, cioè reale, vera; per intendere la Sofistica, non bisogna astrarla da questa posizione. Ora in questa posizione essa, dicendo non conoscere, vuol dire non conoscere nel senso della filosofia naturale, e non già negazione assoluta del conoscere; e perciò è una negazione che non è annullamento: non è una negazione dommatica (come quando si dice: non ci è il conoscere, ut sic), ma in sè semplicemente critica; non è in sè dommatismo, ma, se posso anticipare la frase, criticismo: la critica della filosofia anteriore. Questo è il lato vero della Sofistica. Il falso è la negazione presa assolutamente, cioè come annullamento; la critica presa come dommatica, cioè come non più critica, il non essere preso come il niente, e non già come avviarsi al vero essere; come annullarsi e non già come inverarsi.


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La filosofia italiana nelle sue relazioni con la filosofia europea
di Bertrando Spaventa
Editore Laterza Bari
1908 pagine 286

   





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