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      L'una è il rovescio e come la inversione dell'altra. Ora, come è possibile questa duplice, cioè reciproca inversione?
      Non si potrebbe dire: è possibile, solo in quanto ci è una terza cosa, una terza prova, che è in sè appunto questa reciprocanza, questa conversione, cioè insieme deduzione e induzione, scendere e salire, e della quale la deduzione e la induzione non sono altro che i momenti, astratti e divisi dalla loro unità: frammenti della Prova, e non già la vera Prova? Infatti, la deduzione presuppone il suo Primo, la causa, come un immediato, e non può provarlo; la induzione presuppone il suo Primo, l'effetto, e non può provarlo; e oltre a ciò quella non arriva mai all'ultimo effetto, questa all'ultima causa. L'una e l'altra è per sè manchevole, e non si suppliscono usate l'una dopo l'altra; sono come due linee rette, che messe insieme formeranno sempre una linea retta senza principio e senza fine, non il circolo.
      Concepiamo dunque la prova, la mediazione, non più come semplice deduzione, o semplice induzione, ma come insieme l'una e l'altra; e vediamo cosa diventa la relazione tra i due termini, il Primo e il Secondo, l'Immediato e il Mediato: cosa diventa essa stessa, la prova.
      Ecco cosa avviene. Il Primo, che è tale in quanto la prova è deduzione, diventa Secondo in quanto la prova è insieme induzione, e il Secondo per la stessa ragione diventa Primo: la causa diventa effetto, e l'effetto causa; il principio conseguenza, e la conseguenza principio.
      Ciò vuol dire, che la prova, la mediazione, non è più andare da sè a un altro (effetto o causa), ma da sè a sè: è andare che è riandare73.


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La filosofia italiana nelle sue relazioni con la filosofia europea
di Bertrando Spaventa
Editore Laterza Bari
1908 pagine 286

   





Prova Prova Immediato Mediato