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      Parallelismo, inteso così, vuol dire in verità che non ci è la sostanza come identità. Pensiero ed estensione sarebbero, in questo caso, una dualità, come due linee parallele nello stesso piano, la cui unità è solo il piano medesimo. Così non sarebbero la sostanza stessa come pensiero ed estensione, ma solo parte della sostanza, cioè quel che dice il Mamiani84; la sostanza sarebbe tutt'altro che la loro identità. Se, invece, la sostanza è la loro identità, ed essi con tutto ciò sono differenti (paralleli), questo solo già vuol dire che la sostanza non è immobilità assoluta.
      Se è vero, com'è, che la sostanza è essenzialmente causa, anzi la causa stessa, come conciliare questa posizione col parallelismo degli attributi, intendendo per parallelismo la esclusione d'ogni relazione causale? Avremmo, dirò così, nella sostanza una duplice sostanza: l'una come sostanza-causa, e l'altra come sostanza-immobilità (indifferenza), alla quale ultima corrisponderebbe il parallelismo.
      Ora io dico, che la Sostanza non è identità e causa, ma è identità, che è causa; la identità, la sostanza spinoziana, è la relazione causale.
      Se la Sostanza è, in quanto sostanza, causa, bisogna dunque accordare con questa posizione la dualità, o, se si vuole, il parallelismo degli attributi; cioè il contenuto della sostanza colla sua forma. Il contenuto è pensiero ed estensione; la forma è il eausare, la relazione tra pensare ed essere, pensiero ed estensione. Senza questo accordo, la forma sarebbe estrinseca al contenuto; forma e contenuto farebbero due sostanze.


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La filosofia italiana nelle sue relazioni con la filosofia europea
di Bertrando Spaventa
Editore Laterza Bari
1908 pagine 286

   





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