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      No, figliuola; tu sai che il tuo padrone non trafficherà mai con quei mercanti del Sud, che mai non venderà alcuno dei suoi servi finché si condurranno bene. Perché supporre ch’egli voglia vendere il tuo Enrico? Orsù, fatti coraggio; acconciami il capo nel modo stesso dell’altro giorno, e procura d’ora innanzi di non ascoltare alle porte.
      — Voi, signora, non darete mai il consenso vostro, non è vero?
      — Certamente, non lo darò mai. Avrei da vedere anch’io che si venda un mio servo!... Ma perché parlar tanto di ciò? In verità, Elisa, tu sei troppo superba di tuo figlio. Non può venire alcuno in casa, che tu subito t’immagini che venga per comperarlo. —
      Rassicurata dalle parole della signora Shelby, Elisa terminò con destrezza ed abilità l’acconciatura della sua padrona ridendo anch’essa dei propri timori.
      La signora Shelby era donna di molto merito, così per intelligenza come per cuore. Alla innata magnanimità e generosità di mente, che è l’impronta caratteristica delle donne del Kentucky, essa accoppiava principii religiosi e morali, sostenuti da una pratica costante ed assidua. Suo marito, che non aveva principii d’un carattere particolarmente religioso, onorava e rispettava quelli di lei; forse era troppo inclinato a seguirne l’opinione.
      Certo è ch’egli lasciava piena libertà a tutti i benevoli sforzi di essa per il bene e per l’istruzione degli schiavi. Se non credeva che le opere di santità di taluni valgano a compensare i difetti del rimanente dei fedeli, pareva bensì ammettere che sua moglie avesse bastante pietà per ambedue, in modo da condurlo al cielo col mezzo della sua sovrabbondanza di quelle virtù alle quali egli non pretendeva affatto.


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La capanna dello zio Tom
di Harriet Beecher Stowe
Editore Salani Firenze
1930 pagine 624

   





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