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      La povera bestia, dopo la mia partenza, era il solo conforto che io avessi. Dormiva accanto a me la notte, mi seguiva di giorno, e mi guardava come se mi comprendesse. Ebbene, uno di questi giorni io gli davo da mangiare certi meschini avanzi raccolti all’uscio della cucina, quando venne a passare il padrone. Tosto egli grida che io alimento quel cagnolino a spese di lui, e che se ciascuno dei suoi negri s’incapricciasse d’averne uno, le sue facoltà non vi basterebbero. Mi ordinava perciò di porgli una pietra al collo e di gettarlo nello stagno.
      — Oh, Giorgio! Tu non lo facesti, è vero?
      — Io no, ma lui lo fece. Egli e suo figlio gettarono nell’acqua il mio cagnolino, e l’oppressero di pietre fino a che restò annegato. Il meschinello guardava tristemente verso me, e sembrava che domandasse perché non lo salvavo. Fui frustato per non averlo voluto uccidere. Non importa! Il padrone s’accorgerà che io non sono di quelli che il frustino doma, e... verrà la mia volta, s’egli non sta all’erta!
      — Che vai tu meditando? Oh, Giorgio, non ti lasciare almeno trarre ad atti colpevoli! Confida in Dio, fa’ il bene, ed Egli ti scamperà.
      — Tu sei cristiana, Elisa: ma io non sono cristiano. Il mio cuore è pieno di amarezza; io non so confidare in Dio. Perché lascia Egli che le cose vadano a questo modo?
      — Giorgio, abbiamo fede! La signora dice che quando ogni cosa nostra sembra andare a rovescio, noi dobbiamo esser certi che Iddio conduce il tutto per il meglio.
      — È cosa facile a dirsi, quando non s’ha da far altro che coricarsi sopra un sofà, o andare a spasso in carrozza.


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La capanna dello zio Tom
di Harriet Beecher Stowe
Editore Salani Firenze
1930 pagine 624

   





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