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      Ma io scommetto che al posto mio essa parlerebbe altrimenti. Per me, con tutto il mio desiderio di far bene, sento il mio cuore ribellarsi. Io non posso sottomettermi. Tu stessa non lo potresti fare, e proveresti ciò che io provo, se tu sapessi tutto. Ma non sai nulla.
      — Che pericolo ci sovrasta dunque?
      — Ecco che te lo dico. Il padrone, qualche tempo addietro, dichiarò ch’era stato pazzo a permettermi di sposarti, che odiava gli Shelby e tutta la loro razza, perché sono alteri e si credono al disopra di lui; che tu mi rendesti superbo: che non mi permetterà più di venire a vederti, e ieri m’ingiunse di pigliar Mina in moglie, e di stabilirmi seco lei in una capanna sotto pena di vendermi per il Sud.
      — Come? — disse Elisa. — Non mi hai forse sposata dinanzi a un ministro come se tu fossi un uomo bianco?
      — Ma non sai che uno schiavo non può ammogliarsi? Niuna legge in questo paese protegge il suo matrimonio, e se piace a costui di separarci, tu non sei più mia moglie. Ecco il perché io vorrei non averti mai veduta, né essere mai venuto al mondo. Non sarebbe stato forse meglio per noi due e per questo fanciullo? Poiché la medesima sorte gli è riserbata.
      — Oh, il padrone nostro è così buono!
      — Sì, ma egli può morire, e il nostro figlioletto sarà venduto al primo che capita! Come mai dobbiamo rallegrarci di vederlo tanto leggiadro, vispo e grazioso? Elisa, te lo dico io, ciascuna, delle amabili qualità di tuo figlio sarà una spada che ti trafiggerà il cuore; egli varrà troppo denaro perché tu possa conservarlo.


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La capanna dello zio Tom
di Harriet Beecher Stowe
Editore Salani Firenze
1930 pagine 624

   





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