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      Dopo un istante, udì alla porta la voce di sua moglie che in modo vivo e incalzante lo chiamava:
      — John, John, ve ne prego, venite qua. —
      Egli posò il giornale, e recatesi in fretta nella cucina, rabbrividì allo spettacolo che gli si offerse.
      Una giovane di delicata complessione, con le vesti a brani e indurite dal gelo, con le calze metà lacerate, era distesa sopra due seggiole, svenuta e come morta. Era impresso in quelle sembianze il tipo della razza spregiata, e tuttavia non si poteva fare a meno di ammirare la sua triste e commovente bellezza.
      Il signor Bird si sentì stringere il cuore, e la commozione gli troncò la parola. Sua moglie e la loro unica fantesca di colore, la zia Dina, si affaccendavano per far ritornare in sé la straniera, mentre il vecchio Cugioe, che aveva preso il fanciullo sopra le sue ginocchia, gli cavava in fretta le scarpine e si studiava di riscaldargli i piedi.
      — Oh, guardate, povera donna! — diceva la vecchia Dina col volto atteggiato a profonda compassione. — Sembra che il calore l’abbia fatta svenire. Essa non aveva cera da star troppo male quando è giunta e ha domandato se poteva riscaldarsi un poco. Io cominciavo a informarmi donde venisse, quando è caduta tramortita. A giudicar dalle sue mani, non deve mai aver fatto grossi lavori.
      — Povera creatura! — disse con gran compassione la signora Bird.
      In questo punto la donna aperse i suoi grandi occhi neri, e la guardò come trasognata.
      A un tratto un’espressione di agonia le intorbidò il volto, ed ella si rizzò bruscamente gridando:


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La capanna dello zio Tom
di Harriet Beecher Stowe
Editore Salani Firenze
1930 pagine 624

   





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