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      — Signore Iddìo, abbiate pietà di noi! —
      Il vecchio Cugioe, asciugandosi fortemente gli occhi col rovescio delle maniche e movendo nelle più strane guise i muscoli della faccia, rispondeva tratto tratto col massimo fervore alle giaculatorie della vecchia.
      Essendo il nostro senatore un uomo di Stato, non si poteva aspettare da lui che piangesse come tutti gli altri. Egli aveva dunque voltato le spalle a tutta la compagnia, guardava dalla finestra, e pareva intento a chiarirsi la voce espettorando e a ripulire le lenti dei suoi occhiali. Ma ogni tanto si soffiava il naso in un certo modo che avrebbe dato sospetto a chi lo avesse osservato attentamente.
      — Come avete potuto dirmi che avevate un buon padrone? — esclamò egli riaccostandosi alla donna.
      — Sì, certo, egli era un buon padrone, lo dirò sempre. Ed ottima era la mia padrona. Ma non potevano fare altrimenti; non avevano più denaro, e le cose erano a tal segno, che essi rimanevano a discrezione di un uomo e nella necessità di fare ogni volere di costui. L’ho sentito dire dal padrone alla signora che intercedeva e perorava in favor mio. Egli ha soggiunto che non poteva trovare altri espedienti, e che le carte erano firmate. Allora ho preso il bimbo e son fuggita. Sarei morta se me lo avessero tolto; perché questo figlio è tutto il mio bene.
      — Non avete marito?
      — Sì, ma egli appartiene ad un altro padrone, un padrone veramente crudele, il quale in questi ultimi tempi non gli permetteva nemmeno di venire a vedermi, e di più minacciava di venderlo a quelli del Sud.


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La capanna dello zio Tom
di Harriet Beecher Stowe
Editore Salani Firenze
1930 pagine 624

   





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