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      La meschinella era punita, signore, perché voleva menare la vita onesta e da cristiana, una vita che le vostre leggi non consentono ad una schiava. Finalmente io la vidi incatenata con una mandra di negri che un mercante conduceva alla Nuova Orléans per esser venduti, e da quel momento nulla più ne seppi.
      «Or bene, io andavo crescendo per lunghi anni ed anni, senza padre né madre, senza sorelle, senza che anima viva mi trattasse meglio di un cane: null’altro per me che la frusta, gl’improperii, la farne. Sì, patii la fame, signore, e tanto, che mi sarei stimato felice di raccogliere le ossa gettate ai loro cani. E nondimeno, benché io fossi ancora fanciullo, non già, nelle mie lunghe notti insonni, la fame e la frusta eran quelle che mi facevano piangere! Ah, no! Io piangevo mia madre e le mie sorelle; io piangevo perché non avevo sulla terra un cuore che mi amasse. Non seppi mai che cosa fosse pace e diletto. Mai una parola benigna mi era stata rivolta fino al giorno in cui venni a lavorare nella vostra fabbrica, signor Wilson; voi foste buono con me, voi m’incoraggiaste ad imparare a leggere e scrivere, e tentar d’uscire dal mio avvilimento. Dio sa quanta gratitudine ve ne serbo!
      «In quel tempo, signore, io conobbi colei che presi per moglie. Voi la vedeste, e sapete quanto sia bella. Da che io m’avvidi del suo amore, da che l’ebbi sposata, essa mi rese felice più di quanto io potessi immaginarlo, perché ella non è meno virtuosa che bella. Ma che giova? Il mio padrone venne colà, mi strappò dal mio lavoro, da’ miei amici, da tutto ciò che amo, e mi ricacciò nella polvere.


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La capanna dello zio Tom
di Harriet Beecher Stowe
Editore Salani Firenze
1930 pagine 624

   





Nuova Orléans Wilson