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      Non negarlo.
      — Or bene, padrone, — disse Tom — innanzi giorno ho sentito muovere accanto a me; io, mezzo desto a quel fruscio, ho sentito un gran tonfo giù nell’acqua. Allora mi sono del tutto svegliato, e la giovane non v’era più. Ecco tutto ciò che posso dire. —
      Il mercante non si commosse né si stupì, perché, come già dicemmo, egli era avvezzo a molte e molte cose a cui altri non possono abituarsi. Nemmeno la spaventosa presenza della morte lo colpiva del solenne terrore che infonde generalmente negli uomini. Egli l’aveva veduta spesse volte, l’aveva incontrata nel corso de’ suoi affari, ed aveva con essa stretto conoscenza. Non era dunque per lui se non un fiero competitore che attraversava ingiustamente le sue operazioni commerciali. Quella giovane era stata per lui cattiva merce, che il diavolo aveva mandata alla malora; e diceva che, se le cose andassero tutte a quel modo, non buscherebbe un centesimo in quel piccolo viaggio. Insomma, si considerava come un uomo deluso. Ma non v’era rimedio al male: la schiava era fuggita in un paese che mai restituisce i fuggiaschi, nemmeno a domanda dell’intera nostra gloriosa Unione.
      Il mercante non trovò di meglio che cavar fuori con aria contrita il suo libercolo de’ conti, e iscrivervi corpo e anima della sciagurata al capitolo delle perdite.
      Oh, che abominevole creatura è il mercante di negri! Che durezza di cuore! È cosa proprio orrenda!
      Nessuno ha stima di tali mercanti. Dovunque non riscuotono che disprezzo, né vengono ammessi nelle società oneste.


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La capanna dello zio Tom
di Harriet Beecher Stowe
Editore Salani Firenze
1930 pagine 624

   





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