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      Quelle onde veloci e spumeggianti sono l’immagine fedele dell’operosità commerciale d’una razza ardita e vigorosa più che non fosse mai alcun popolo dell’antico mondo. Oh, piacesse a Dio che in tanta prosperità non venissero a mischiarsi le lacrime degli oppressi, i gemiti dei derelitti, gli acerbi lamenti che poveri cuori ignari sollevano a un Dio sconosciuto, invisibile e tacito, ma che pure verrà a redimere tutti gl’infelici!
      Gli ultimi raggi del sole strisciano lievi e tremolanti sulle acque del larghissimo fiume; le canne di zucchero scosse dal venticello, i bruni cipressi da cui pendono ghirlande di musco grigiastro, staccano sul fondo dorato; il piroscafo sopraccarico prosegue il suo viaggio. Le balle di cotone ammonticchiate sulla tolda lo fanno somigliare a una massa quadrata che corre sul fiume.
      Noi dureremo un po’ di fatica a trovare in questo naviglio il nostro amico Tom, fra tanta massa di merci e sì gran moltitudine di persone.
      In parte a cagione delle raccomandazioni del signor Shelby, in parte per la sua indole quieta e inoffensiva, Tom si era, insensibilmente acquistato la fiducia dello stesso Haley.
      Sulle prime questi lo aveva attentamente sorvegliato di giorno e caricato di catene la notte; ma la placida rassegnazione e l’apparente serenità di Tom lo avevano indotto a tenerlo con assai meno rigore; e già gli concedeva, sotto parola d’onore, di andare e venire liberamente sul vascello.
      Sempre cortese e tranquillo, sempre disposto a prestar servigio, a porgere aiuto ai marinari, egli si era procurato la stima di tutti, e si associava alle loro fatiche, volenteroso come se fosse stato al lavoro in una piantagione del Kentucky.


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La capanna dello zio Tom
di Harriet Beecher Stowe
Editore Salani Firenze
1930 pagine 624

   





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