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      Il pensiero di una famiglia della quale niuno si prendeva cura, le si addentrò nel più vivo del cuore; inoltre, s’era legata di grande amore alla graziosa bimba, e quantunque avesse Agostino in concetto di quasi pagano, pur lo amava, rideva de’ suoi motteggi, e chiudeva gli occhi sopra le sue debolezze, con un’indulgenza che avrebbe maravigliato molto chi li conosceva entrambi.
      Il nostro lettore giudicherà meglio delle qualità di miss Ofelia. dalle sue azioni.
      Noi la troviamo seduta nella sua cabina del piroscafo, circondata da un ammasso di bauli, canestri, scatole e sacelli, di cui ella si dà viva premura.
      — Orsù, Eva, guarda se tutte le cose tue sono in ordine; tu non ci pensi nemmeno. Già, i ragazzi sono tutti eguali. Vediamo: il sacco a fiori... eccolo lì: e uno; la scatola di cartone azzurro che contiene il tuo bel cappellino: e due; la valigia di gomma elastica: e tre; la mia cassetta da lavoro: e quattro; il mio cartone, la mia scatola dei colli: e sei; la valigetta di pelle: e sette. Ed il tuo ombrellino dov’è? Dammelo, che lo metta col mio. Così va bene.
      — Ma, cugina, a che serve? Andiamo diritti a casa.
      — Bisogna aver cura delle robe, se si vuole che rimangano pulite e durino un po’a lungo. Che cosa n’è del tuo ditale?
      — Davvero, non lo so.
      — Vediamo la tua cassettina. Ecco il ditale, la cera, due cucchiaini, le forbici, il coltello, l’astuccio da lavoro... c’è tutto. Ma dimmi un po’, bimba: come facevi quando viaggiavi col babbo? Di certo perdevi ogni cosa!
      — È vero, cugina, ho perduto molte coserelle; ma quando ci fermavamo in qualche luogo, il babbo me ne comprava delle altre.


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La capanna dello zio Tom
di Harriet Beecher Stowe
Editore Salani Firenze
1930 pagine 624

   





Agostino Ofelia Eva