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      — Vieni qua, Tom, — disse Saint-Clare, accennandogli di seguirlo.
      Tom, entrato nella sala, volgeva gli occhi attonito su quei morbidi tappeti, su quello splendore mai visto di specchi, pitture, statue, e, come la regina di Saba al cospetto di Salomone, era in estasi e osava appena porre il piede sul pavimento.
      — Maria, — disse Saint-Clare alla moglie — ti ho comprato finalmente un buon cocchiere e non meno sobrio che nero. Egli ti condurrà, se vuoi, a passo di funerale. Su dunque, apri gli occhi e guardalo. Non dir più che io non penso a te quando sono assente. —
      Maria, senza muoversi, aprì gli occhi e guardò Tom.
      — Sono certa che si ubriacherà, — diss’ella.
      — Oh, no! M’è stato garantito pio e temperante.
      — Desidero che non vi abbiano ingannato, ma ne ho i miei dubbi.
      — Adolfo, — ripigliò Saint-Clare — mena Tom giù in cucina, e rammenta l’avviso che ti ho dato. — Adolfo si ritirò saltellando, e Tom lo seguì di passo pesante.
      — È un vero mastodonte, — disse Maria.
      — Su dunque, mia cara, — riprese suo marito, sedendosi sopra uno sgabello, accanto al sofà — sii un po’ graziosa, e di’ qualche cosa di bello al tuo amico.
      — Sei stato fuori quindici giorni più del convenuto, — diss’ella, facendo una smorfia.
      — Non te ne scrissi il perché?
      — Una lettera di due parole, fredda fredda...
      — Buon Dio! Il corriere partiva, e mi era forza inviare quelle poche righe, o niente.
      — È sempre così... e sempre si trovano pretesti per allungare i viaggi ed accorciar le lettere.
      — Vedi un po’ questo: — disse allora Saint-Clare, traendo di tasca una scatola di velluto che aperse — è un dono che ti reco da Nuova York.


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La capanna dello zio Tom
di Harriet Beecher Stowe
Editore Salani Firenze
1930 pagine 624

   





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