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      Io permetto loro di andar in chiesa, benché non veda il gran vantaggio che possono ricavarne; poiché credete forse che intendano qualche cosa del sermone? Oibò! Ma essi ci vanno, e basta. Come già dissi, sono una razza degradata, e tale saranno in perpetuo, checché si possa fare per migliorarli. Provatevi pure; non verrete a capo di niente: perché vedete, cugina, io ho provato e voi no; io son nata e cresciuta fra loro, e li conosco. —
      Miss Ofelia, giudicando di aver parlato abbastanza per allora, non rispose. Saint-Clare si mise a fischiare un’arietta.
      — Saint-Clare, vi sarei grata se non fischiaste; il vostro fischio aumenta il mio mal di capo.
      — Smetto subito, — rispose Saint-Clare. — C’è altra cosa che non vorreste ch’io facessi?
      — Desidererei che aveste compassione dei miei patimenti; ma voi non li avete mai compresi.
      — Caro angelo accusatore! — disse il marito.
      — Nulla mi affligge tanto quanto il sentirvi parlare così!
      — In qual modo volete dunque che vi parli? Comandate, e sarete obbedita. —
      Un allegro scoppio di risa risonò nel cortile attraverso le tende di seta della veranda.
      Saint-Clare vi si avvicinò, e dopo avere aperto le tende si pose a ridere anch’egli.
      — Che c’è? — domandò miss Ofelia.
      Sopra un verde cespo nel cortile stava seduto Tom, con un ramo di gelsomino in ciascuno degli occhielli del suo vestito, mentre Evangelina, ridendo di cuore, gli sospendeva al collo una ghirlanda di rose. Compiuto ch’ella ebbe lo scherzo, si rannicchiò come un uccelletto sulle sue ginocchia, continuando a ridere rumorosamente.


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La capanna dello zio Tom
di Harriet Beecher Stowe
Editore Salani Firenze
1930 pagine 624

   





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