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      Ambedue erano la fedele immagine delle loro razze: la sassone, sviluppata da secoli di coltura, di dominazione, di supremazia morale e fisica; l’africana, degradata da secoli di servaggio, di miserie e d’insopportabili fatiche.
      Forse nella mente di Evangelina si aggirava qualche germe di tali pensieri. Ma i pensieri di un fanciullo sono piuttosto indefiniti e oscuri istinti, e nel nobile animo di Evangelina parecchi se ne formavano, ch’essa non sapeva bene esprimere con parole.
      Mentre Ofelia caricava di rimproveri la malvagità della piccola negra, Evangelina guardava quest’ultima con profonda compassione, e soavemente le disse:
      — Povera Topsy! Che bisogno hai di rubare? Da ora innanzi nulla ti mancherà, e, ad ogni modo, io preferisco regalarti qualche mio gingillo piuttosto che tu lo prenda di nascosto. —
      Era questa la prima parola di bontà che la, fanciulla avesse udita in vita sua. Il dolce suono della voce di Evangelina fece una strana impressione su quell’animo selvaggio ed incolto, e brillò negli occhi rotondi e vivaci di Topsy alcunché di simile a una lacrima; ma subito dopo ella proruppe in una risataccia sguaiata.
      L’orecchio che non udì mai altra cosa se non l’insulto e il dispregio, è stranamente incredulo verso una cosa sì celeste qual è la bontà!
      Pareva a Topsy che nelle parole di Evangelina fosse un non so che di stravagante e d’inesplicabile, e per questa ragione non ci credeva.
      Che cosa si poteva dunque fare di Topsy? Miss Ofelia non sapeva più che pensare, né trovava mezzo di porre in pratica il suo sistema di educazione.


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La capanna dello zio Tom
di Harriet Beecher Stowe
Editore Salani Firenze
1930 pagine 624

   





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