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      Ella aveva osservato quella tosse sottile e secca, e quella guancia sempre più colorita, e non si lasciava illudere né dalla vivezza dello sguardo, né dalla giovialità febbrile.
      Comunicò i suoi timori a Saint-Clare; ma egli respinse le sue insinuazioni con un’ansiosa vivacità che non si accordava punto con la sua noncuranza abituale.
      — Non mi fate il corvo di sinistro augurio, cugina; non posso soffrirlo! — diceva egli. — Non vedete che la fanciulla si fa grande? I bambini indeboliscono quando crescono troppo presto.
      — Ma quella tosse!...
      — Eh, baie! Quella tosse è un bel niente. Eva ha preso forse una piccola infreddatura.
      — Così appunto cominciò la malattia di Elisa Jane, e di Elena e Maria Sanders.
      — Tacete con queste sciocchezze da nutrici! La vostra vecchia esperienza vi rende sì saggia, che un fanciullo non può più tossire, starnutire, senza che subito sia perduto. La sola cura che dovrete prendere della fanciulletta, è di preservarla dall’aria vespertina, non lasciarla giocar troppo, e vedrete che allora essa starà bene. —
      Così diceva Saint-Clare; ma cominciò ad essere inquieto, agitato. Con ansietà febbrile egli sorvegliava giorno e notte la sua figlioletta, come era facile accorgersi dalla frequenza con cui ripeteva che la fanciulla stava proprio bene, che quella tossetta era cosa da nulla: una leggera indisposizione di stomaco, cui i fanciulli vanno soggetti. Tuttavia le stava vicino più di prima, la conduceva più spesso seco alle passeggiate, e quasi ogni giorno riportava qualche pozione fortificante.


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La capanna dello zio Tom
di Harriet Beecher Stowe
Editore Salani Firenze
1930 pagine 624

   





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