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      E dopo che la terra vi fu rovesciata sopra, egli non poteva persuadersi che la sua Eva gli fosse tolta per sempre alla vista.
      E difatti, non era Evangelina, ma il caduco germe di quella forma lucente e immortale con la quale dovrà risorgere nel giorno del Signore!
      La mesta comitiva tornò addietro e rientrò nella casa dove mai più rivedrebbero Evangelina.
      La stanza di Maria era oscura. Maria giaceva sul letto, singhiozzando e chiamando ogni momento i servi ora per questa ed ora per quella occorrenza. Costoro non avevan tempo di piangere. E perché avrebbero pianto? Il dolore era tutto suo proprio, ed ella era convinta che nessuno al mondo potesse né volesse prendervi parte. Essa diceva che Saint-Clare non aveva versato una lacrima, non le aveva dimostrato alcuna simpatia; e faceva maraviglia ch’egli fosse tanto indifferente e sì poco sensibile, mentre doveva sapere quanto ella soffrisse.
      Tom però aveva nel cuore un sentimento che lo attraeva verso il suo padrone.
      Lo seguiva dappertutto, l’osservava tristemente, e quando lo vedeva seduto, pallido e cheto, nella camera di Evangelina, con la piccola Bibbia di lei aperta dinanzi a sé, senza che il suo sguardo smarrito potesse discernere alcuna parola, Tom scorgeva più dolore in quello sguardo fisso e asciutto, che nei clamori di Maria.
      Dopo alcuni giorni la famiglia di Saint-Clare ritornò in città. Agostino, nella perpetua inquietudine del suo dolore, sentiva il bisogno d’imprimere un altro corso ai. suoi pensieri. Abbandonò dunque quella casa, quel giardino, quella piccola tomba, per tornare alla Nuova Orléans.


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La capanna dello zio Tom
di Harriet Beecher Stowe
Editore Salani Firenze
1930 pagine 624

   





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