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      L’ispettore sono io medesimo, e vi avverto che nulla mi sfugge. Bisogna che ciascuno faccia il suo dovere, e quando parlo obbedisca alla svelta e diritto come una freccia. E questo il modo per intendersi meco. Non sperate di trovare in me benevolenza alcuna. Perciò badate ai fatti vostri, perché io sono e sarò senza misericordia! —
      Le donne, spaventate, tenevano involontariamente il respiro, e tutti gli schiavi ascoltavano quel discorso con aria triste e desolata. Simone voltò loro le spalle e salì nella sala del piroscafo per rinfrescarsi la gola.
      — Questo è il modo che adopero fin dal principio coi miei negri; — disse a un uomo di aspetto signorile, che s’era trovato accanto durante il suo discorso — il mio sistema è di esordire con forza, non foss’altro per far conoscere loro ciò che li aspetta.
      — Ah! — esclamò lo straniero guardandolo con la curiosità, di un naturalista che studia un fenomeno raro.
      — Proprio così! Io non sono di quei possessori di piantagioni con le mani bianche, i quali si lasciano infinocchiare da un maledetto agente. Tastate le mie articolazioni, guardate bene questo pugno. Vi dico io, signore, che la carne di cui è rivestito somiglia in durezza al marmo, per il lungo uso di colpire i negri. —
      Lo straniero pose le dita su quel pugno chiuso.
      — È abbastanza duro, infatti, — disse — e suppongo che la pratica abbia reso il vostro cuore non men duro di questo.
      — Eh, sì, posso vantarmene: — rispose Simone con una sghignazzata — non ho il cuore tenero! E, ve l’assicuro, i negri non mi gabbano né con piagnistei né con smorfie.


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La capanna dello zio Tom
di Harriet Beecher Stowe
Editore Salani Firenze
1930 pagine 624

   





Simone