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      — Voi n’avete qui un bell’assortimento!
      — È vero. Quel Tom, per esempio, a quanto mi è stato detto, è qualche cosa di raro. L’ho pagato molto, perché voglio farne un cocchiere o un agente. Bisognerà soltanto togliergli dal capo le idee che vi si sono di certo ficcate per essere stato trattato meglio che non si convenga ai negri, e può divenire di prima qualità. Quella donna giallognola pare che sia infermiccia, ma non l’ho pagata più di quel che vale. Può reggere un anno o due. Io non sono di coloro che risparmiano i negri. Logorarne e comprarne, ecco il mio sistema. Ciò porta minor fatica e maggior tornaconto. —
      E Simone continuò a centellinare il suo bicchiere d’acquavite.
      — E quanto durano di solito? — domandò lo straniero.
      — Ciò dipende dalla loro costituzione fisica. I più robusti durano dai sei ai sette anni; i deboli muoiono in due o tre. Una volta mi davo gran pensiero per conservarli; malati, li provvedevo di medicine, biancheria, miglior vitto: fatica inutile; spreco di denaro e maggior disturbo. Ora, malati o sani, li faccio lavorare lo stesso. Se un negro muore, ne compro un altro: la cosa è più spiccia. —
      Lo straniero si allontanò e andò a sedersi presso un signore che aveva ascoltato quel colloquio frenando a stento lo sdegno.
      — Non crediate che costui sia un modello dei piantatori del Sud, — disse.
      — Spero di no! — rispose il giovane con enfasi.
      — È un uomo abietto, spregevole e crudele, — disse l’altro.
      — Nondimeno le vostre leggi permettono che al potere dispotico della sua volontà sia abbandonato buon numero di creature umane, senz’ombra di protezione; e per quanto costui sia spregevole, non sosterrete che non ve ne siano molti altri simili.


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La capanna dello zio Tom
di Harriet Beecher Stowe
Editore Salani Firenze
1930 pagine 624

   





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